I tanti volti di Elena

I tanti volti di Elena

L’Elena dei poemi omerici, la più bella di tutte le donne, causa scatenante della guerra di Troia e rapita da Paride dalla reggia di Menelao a Sparta, gode di notevole fortuna non solo nella storia della letteratura greca, ma ovviamente nei secoli successivi. 


Inscindibile dalla sua figura è il giudizio etico che viene espresso nei suoi confronti: la responsabilità di una guerra così funesta è veramente sua, o Elena è solamente un attore passivo nel teatro orchestrato dagli dei? O ancora, è inevitabile cedere alla potenza di amore, o l’infedeltà verso il marito Menelao è una colpa irrimediabile?

Il giudizio di Paride, Raimondi da Raffaello

Una guerra combattuta per un εἴδωλον 

Al fianco della versione classica del mito, quella tramandata a partire dai poemi omerici, in cui Elena si trova in carne e ossa a Troia fin dopo la sua caduta, e viene in seguito riportata in patria, se ne narra una seconda, secondo cui la Tindaride sarebbe rimasta in Egitto per l’intera durata della guerra, mentre Achei e Troiani si sarebbero battuti per un εἴδωλον, un simulacro, una sorta di fantasma creato da Era, furiosa per la sconfitta nel giudizio di Paride.


Questa seconda alternativa viene accolta da Euripide, nell'Elena, sulla scorta di Stesicoro (frammento 192-3 Page, che sarà commentato da Platone in Fedro 243a-b).

La nuova edizione del dramma ad opera di Barbara Castiglioni per la Fondazione “Lorenzo Valla” della Mondadori fornisce una nuova traduzione, oltre a un esaustivo commento e un’introduzione che rende conto delle differenti versioni del mito di Elena.


Euripide rovescia completamente la raffigurazione della Tindaride presente in altre sue tragedie, Andromaca, Troiane e Oreste.


Nell’Elena, la protagonista perde i suoi tratti di ammaliatrice e distruttrice di popoli per divenire una sposa innamorata, in attesa del marito e tormentata dalla terribile reputazione che le viene attribuita. 


Elena è vittima, reclusa in Egitto per volere di Era, ingiustamente odiata da tutta la grecità, che crede reale l’εἴδωλον inviato a Troia.

La tragedia si gioca interamente sull’antinomia tra realtà e finzione: la vera Elena è in Egitto, quella che ha seguito Paride è un fantasma; l’adultera è in realtà una moglie fedele; colui che si cela sotto spoglie da mendicante è il re di Sparta Menelao, giunto ora nel paese straniero.

La “nuova” Elena

La “nuova” Elena, definita ἡ καινή Ἑλένη da Aristofane nelle Tesmoforiazuse, con intento parodico, è un personaggio che si sottrae ai vincoli del mito, dai suoi caratteri di sfrontatezza, malizia e dissolutezza, giungendo a deprecare la sua bellezza fatale.

Ma vediamo alcuni passaggi, nella traduzione della Castiglioni:

vv. 31-36:

Ἥρα δὲ μεμφθεῖσ᾽ οὕνεκ᾽ οὐ νικᾷ θεάς, 

ἐξηνέμωσε τἄμ᾽ Ἀλεξάνδρῳ λέχη, 

δίδωσι δ᾽ οὐκ ἔμ᾽, ἀλλ᾽ ὁμοιώσασ᾽ ἐμοὶ 

εἴδωλον ἔμπνουν οὐρανοῦ ξυνθεῖσ᾽ ἄπο, 

Πριάμου τυράννου παιδί: καὶ δοκεῖ μ᾽ ἔχειν  

κενὴν δόκησιν, οὐκ ἔχων.

Ma Era, furiosa per la sconfitta, fece svanire nel vento il mio matrimonio con Alessandro; non diede al figlio di Priamo la mia persona, ma un fantasma vivente e forgiato con l’aria del cielo, identico a me. Paride credeva di avermi, ma non mi aveva: era solo una vana illusione.

δίδωσι δ᾽ οὐκ ἔμ᾽, ἀλλ᾽ ὁμοιώσασ᾽ ἐμοὶ / εἴδωλον ἔμπνουν: il termine chiave dell’intera variante del mito, εἴδωλον, dalla radice -ἴδ- del verbo di vedere. Non si tratta dunque della vera Elena, ma di un’immagine che si vede, un’apparenza, seppur molto credibile in quanto simile (ὁμοιόω) e perfino dotata di respiro (da ἐμπνέω).
δοκεῖ μ᾽ ἔχειν / κενὴν δόκησιν, οὐκ ἔχων: Paride è il primo illuso di una tragedia interamente giocata sulle false credenze dei personaggi. Nella descrizione dell’antefatto Elena spiega al pubblico ateniese la versione alternativa del mito, dipingendo Paride come uno stolto, uno dei molti personaggi ingannati dal simulacro creato da Era. Il verbo δοκέω (δόκησιν) svolge dunque una funzione primaria nel corso dell’intera opera, così come è fondamentale l’aggettivo κενός, vuoto, vano; «un’ombra di vanità» pervade la tragedia, in particolare vana è stata la guerra di Troia, combattuta per un fantasma, e vani saranno i tentativi di Elena di farsi riconoscere. D’altro canto, Elena stessa è prigioniera della δόκησις per l’intera tragedia e dovrà lottare per convincere il marito Menelao a non credere all’apparenza, perciò questa battuta ha anche un risvolto d’amarezza.

Visione e illusione dei sensi

vv. 72-75:

Τεῦκρος

ὦ θεοί, τίν᾽ εἶδον ὄψιν; ἐχθίστην ὁρῶ 

γυναικὸς εἰκὼ φόνιον, ἥ μ᾽ ἀπώλεσεν 

πάντας τ᾽ Ἀχαιούς. θεοί σ᾽, ὅσον μίμημ᾽ ἔχεις 

Ἑλένης, ἀποπτύσειαν.

Teucro:

Per gli dèi, cosa vedo mai? Ho davanti ai miei occhi l’immagine odiosissima e assassina di quella donna, rovina mia e di tutti gli Achei. Che gli dèi ti maledicano… somigli così tanto a Elena!

vv. 115-122:

ΕΛ. ἦ καὶ γυναῖκα Σπαρτιᾶτιν εἵλετε;

ΤΕ. Μενέλαος αὐτὴν ἦγ᾽ ἐπισπάσας κόμης.

ΕΛ. εἶδες σὺ τὴν δύστηνον; ἢ κλύων λέγεις;

ΤΕ. ὥσπερ γε σέ, οὐδὲν ἧσσον, ὀφθαλμοῖς ὁρῶ.

ΕΛ. σκοπεῖτε μὴ δόκησιν εἴχετ᾽ ἐκ θεῶν.

ΤΕ. ἄλλου λόγου μέμνησο, μὴ κείνης ἔτι.

ΕΛ. οὕτω δοκεῖτε τὴν δόκησιν ἀσφαλῆ;

ΤΕ. αὐτὸς γὰρ ὄσσοις εἰδόμην: καὶ νοῦς ὁρᾷ.

EL. Ma la Spartana l’avete presa?

TE. Menelao l’ha afferrata e trascinata via dei capelli.

EL. Ma tu l’hai vista, la sciagurata, o parli per sentito dire?

TE. Proprio come ora vedo te con i miei occhi…

EL. Bada bene, forse era solo un'immagine inviata dagli dèi.

TE. Parlami d’altro, ti prego, non di quella donna.

EL. Vi sembrava che fosse reale?

TE. Sì. L’ho vista con i miei occhi e anche con la mia mente.

ἐχθίστην ὁρῶ / γυναικὸς εἰκὼ φόνιον, ἥ μ᾽ ἀπώλεσεν / πάντας τ᾽ Ἀχαιούς: Teucro è il primo dei personaggi che si ingannano nel corso della tragedia. Gli si mostra alla vista una donna in tutto simile a Elena, e monta immediatamente l’odio per colei che ha portato tanta distruzione sui Greci. Vengono così dipinti i tratti caratteristici della protagonista secondo la versione più nota del mito: φόνιος è colui che è sporco di sangue, si è macchiato di delitti indicibili; inoltre la donna è definita ἐχθίστη, la più odiata: la pessima fama di cui si lamenta Elena per l’intera tragedia è immediatamente confermata nelle parole di Teucro. 
εἶδες σὺ τὴν δύστηνον; ἢ κλύων λέγεις;: i sensi e la loro illusione sono al centro della tragedia e dei suoi equivoci. Elena chiede dunque conferma: Teucro parla per sentito dire o ha visto con i suoi occhi la cattura di Elena a Ilio? Si noti inoltre l’etimo di δύστηνος (δυσ, prefisso che indica qualcosa di negativo + ἳστημι, verbo utilizzato anche per descrivere in che stato si trovino gli individui): “colui che si trova in un cattivo stato”. 
ὥσπερ γε σέ, οὐδὲν ἧσσον, ὀφθαλμοῖς ὁρῶ [...] αὐτὸς γὰρ ὄσσοις εἰδόμην: καὶ νοῦς ὁρᾷTeucro conferma la visione autoptica della scena della cattura di Elena. Si noti la corrispondenza, nel giro di pochi versi, tra ὁρῶ e εἰδόμην, e tra ὀφθαλμοῖς e ὄσσοις in una sorta di refrain patetico; Teucro ripete di aver visto con i suoi occhi… ma si trattava dell’εἴδωλον!

vv. 574-596:

















Elena trasportata da Teseo: vaso a figure rosse da Vulci (circa 510 a.C.)

ΕΛ. οὐκ ἔστιν ἄλλη σή τις ἀντ᾽ ἐμοῦ γυνή. 

ΜΕ. οὔ που φρονῶ μὲν εὖ, τὸ δ᾽ ὄμμα μου νοσεῖ;

ΕΛ. οὐ γάρ με λεύσσων σὴν δάμαρθ᾽ ὁρᾶν δοκεῖς;

ΜΕ. τὸ σῶμ᾽ ὅμοιον, τὸ δὲ σαφές μ᾽ ἀποστερεῖ.

ΕΛ. σκέψαι: τί σοὐνδεῖ; τίς δὲ σοῦ σοφώτερος;

ΜΕ. ἔοικας: οὔτοι τοῦτό γ᾽ ἐξαρνήσομαι.

ΕΛ. τίς οὖν διδάξει σ᾽ ἄλλος ἢ τὰ σ᾽ ὄμματα;

ΜΕ. ἐκεῖ νοσοῦμεν, ὅτι δάμαρτ᾽ ἄλλην ἔχω.

ΕΛ. οὐκ ἦλθον ἐς γῆν Τρῳάδ᾽, ἀλλ᾽ εἴδωλον ἦν.

ΜΕ. καὶ τίς βλέποντα σώματ᾽ ἐξεργάζεται;

ΕΛ. αἰθήρ, ὅθεν σὺ θεοπόνητ᾽ ἔχεις λέχη.

ΜΕ. τίνος πλάσαντος θεῶν; ἄελπτα γὰρ λέγεις.

ΕΛ. Ἥρας, διάλλαγμ᾽, ὡς Πάρις με μὴ λάβοι.

ΜΕ. πῶς οὖν ἂν ἐνθάδ᾽ ἦσθά τ᾽ ἐν Τροίᾳ θ᾽ ἅμα;

ΕΛ. τοὔνομα γένοιτ᾽ ἂν πολλαχοῦ, τὸ σῶμα δ᾽ οὔ.

ΜΕ. μέθες με, λύπης ἅλις ἔχων ἐλήλυθα.

ΕΛ. λείψεις γὰρ ἡμᾶς, τὰ δὲ κέν᾽ ἐξάξεις λέχη;

ΜΕ. καὶ χαῖρέ γ᾽, Ἑλένῃ προσφερὴς ὁθούνεκ᾽ εἶ.

ΕΛ. ἀπωλόμην: λαβοῦσά σ᾽ οὐχ ἕξω πόσιν.

ΜΕ. τοὐκεῖ με μέγεθος τῶν πόνων πείθει, σὺ δ᾽ οὔ.

ΕΛ. οἲ ἐγώ: τίς ἡμῶν ἐγένετ᾽ ἀθλιωτέρα; 

οἱ φίλτατοι λείπουσί μ᾽ οὐδ᾽ ἀφίξομαι 

Ἕλληνας οὐδὲ πατρίδα τὴν ἐμήν ποτε.

EL. Non hai nessun altra moglie all’infuori di me.

ME. Perché io ragiono e i miei occhi hanno le allucinazioni?

EL. Se mi guardi, non credi forse che io sia la tua sposa?

ME. Il corpo è uguale, ma l’evidenza mi contraddice.

EL. Guardami. Di quale prova ancora più evidente hai bisogno?

ME. Le somigli. Non posso negarlo.

EL. E chi ti può guidare meglio dei tuoi stessi occhi?

ME. Il problema è che ho un’altra moglie.

EL. Io non sono mai venuta a Troia, era solo un fantasma.

ME. E chi può mai creare corpi che respirano?

EL. L'aria, con cui gli dèi ti hanno forgiato una moglie.

ME. Quali dèi? Stai dicendo cose assurde.

EL. Fu Era a escogitare lo scambio, perché Paride non mi avesse.

ME. Come? E come facevi a essere nello stesso momento qui e a Troia?

EL. Un nome può essere molto molti luoghi, un corpo no.

ME. Lasciami. Soffro già abbastanza.

EL. Cosa? Mi stai abbandonando per portar via con te un fantasma?

ME. Sì. Addio, dato che sei così simile a Elena.

EL. Sono perduta. Ho ritrovato e subito perso il mio sposo.

ME. Le immense sofferenze che ho patito a Troia mi persuadono. Non tu.

EL. Ah! Chi è più sventurata di me? Mi abbandona che mi è più caro. Non ritornerò mai più in Grecia, non rivedrò mai più la terra dei miei padri.

Si tratta di un dialogo fondamentale per il riconoscimento della vera moglie da parte di Menelao, punto di svolta della tragedia, dato che a partire da questo momento l’attenzione si sposta sulla fuga dall’Egitto e non più sullo smascheramento della vera Elena. Ci soffermiamo solo su alcuni termini essenziali


σκέψαι: il verbo σκέπτω indica un’osservazione attenta ai dettagli. Non un semplice “vedere”, come nei verbi esaminati in precedenza, ma un vero scandaglio dell’identità e dell’animo della donna, non solo del suo aspetto esteriore. 

ἔοικας: la risposta di Menelao riprende le scene iniziali, in cui Teucro notava la somiglianza di Elena con... sé stessa. L’intera scena può avere agli occhi del lettore sfumature umoristiche, tanto che l’intero dramma è stato talvolta definito dalla critica una tragicommedia, o comunque una tragedia dai tratti comici.

τίς οὖν διδάξει σ᾽ ἄλλος ἢ τὰ σ᾽ ὄμματα;: proprio gli occhi, più volte ingannati nel corso della vicenda, vengono qui richiamati da Elena come unico elemento in grado di dirimere la questione dell’identità: un evidente paradosso, che non doveva sfuggire agli spettatori antichi.

vv. 927-931:

ἢν δ᾽ Ἑλλάδ᾽ ἔλθω κἀπιβῶ Σπάρτης πάλιν, 

κλύοντες εἰσιδόντες ὡς τέχναις θεῶν 

ὤλοντ᾽, ἐγὼ δὲ προδότις οὐκ ἄρ᾽ ἦ φίλων

πάλιν μ᾽ ἀνάξουσ᾽ ἐς τὸ σῶφρον αὖθις αὖ...

Ma se raggiungerò la mia terra e rimetterò piede a Sparta, sapranno di essere stati mandati in rovina dalle trame degli dèi e che non ho mai tradito i miei cari, e mi riterranno di nuovo virtuosa.

εἰσιδόντες: la testimonianza decisiva per scagionare Elena dovrebbe di nuovo essere portata dagli occhi dei greci (la radice -ιδ-), solo vedendola tornare a Sparta potranno rendersi conto della sua fedeltà a Menelao.


ἐγὼ δὲ προδότις οὐκ ἄρ᾽ ἦ φίλων, πάλιν μ᾽ ἀνάξουσ᾽ ἐς τὸ σῶφρον αὖθις αὖElena nega la fama di traditrice: προδότις, dal verbo προ+δίδωμι, letteralmente “dare qualcosa in cambio”, declinato poi con connotazione negativa come “dare qualcosa di sbagliato in cambio”. 

Una moglie modello?

vv. 1288-1300:

Μενέλεως

σὸν ἔργον, ὦ νεᾶνι: τὸν παρόντα μὲν 

στέργειν πόσιν χρή, τὸν δὲ μηκέτ᾽ ὄντ᾽ ἐᾶν·

ἄριστα γάρ σοι ταῦτα πρὸς τὸ τυγχάνον. 

ἢν δ᾽ Ἑλλάδ᾽ ἔλθω καὶ τύχω σωτηρίας, 

παύσω ψόγου σε τοῦ πρίν, ἢν γυνὴ γένῃ 

οἵαν γενέσθαι χρή σε σῷ ξυνευνέτῃ.

Ἑλένη

ἔσται τάδ᾽· οὐδὲ μέμψεται πόσις ποτὲ 

ἡμῖν· σὺ δ᾽ αὐτὸς ἐγγὺς ὢν εἴσῃ τάδε

ἀλλ᾽, ὦ τάλας, εἴσελθε καὶ λουτρῶν τύχε 

ἐσθῆτά τ᾽ ἐξάλλαξον. οὐκ ἐς ἀμβολὰς 

εὐεργετήσω σ᾽· εὐμενέστερον γὰρ ἂν 

τῷ φιλτάτῳ μοι Μενέλεῳ τὰ πρόσφορα 

δρῴης ἄν, ἡμῶν τυγχάνων οἵων σε χρή.

MENELAO

È il tuo dovere, fanciulla. Devi amare lo sposo che hai qui, ora, e lasciar perdere quello che non c'è più: è la cosa migliore per te, dato quel che è accaduto. Se riuscirò a ritornare in Grecia sano e salvo, metterò fine alle false voci sul tuo conto: ma tu devi essere una buona moglie per tuo marito.

ELENA 

Lo sarò. Il mio sposo non potrà rimproverarmi nulla. E tu, stando al mio fianco, lo vedrai da te. Ma ora entra in casa, sventurato, lavati e cambia di vestiti. Non esiterò a offrirti il mio aiuto: renderai gli onori dovuti al mio amato Menelao con animo più benevolo, se otterrai da me quello che devi.

παύσω ψόγου σε τοῦ πρίν, ἢν γυνὴ γένῃ / οἵαν γενέσθαι χρή σε σῷ ξυνευνέτῃ: Menelao ha il potere di restaurare la reputazione di Elena, ψόγος è un insieme di biasimo e rancore, ovvero ciò di cui si è lamentata la Tindaride per l’intera tragedia. Tuttavia, nel gioco di anfibologie del dialogo tra Elena e Menelao, il marito avverte implicitamente la moglie: il perdono avverrà solo se Elena diventerà la moglie che deve essere. Anche al termine della tragedia, prima della fuga finale dei due coniugi dall’Egitto, il dubbio sovrasta la figura della protagonista. Nel riabilitarne la figura, Euripide lascia un’ombra nelle parole che le vengono rivolte dal marito. Sarà davvero in grado di convincere tutti della sua buona fede, una volta tornata a casa?


οὐδὲ μέμψεται πόσις ποτὲ / ἡμῖν: σὺ δ᾽ αὐτὸς ἐγγὺς ὢν εἴσῃ τάδε: La rassicurazione di Elena è immediata, ma Euripide usa ancora una volta la radice del verbo di vedere (εἴσῃ).

Sarà la vista, che tante volte ha tradito i protagonisti del dramma e tutti i Greci della spedizione di Troia, a dare il giudizio finale. Il paradosso della figura dell’Elena in questa tragedia, sia rispetto alla tradizione sia all’interno dell’opera, rimane aperto fino alle ultime battute.


Si può concludere con un'osservazione che propone la Castiglioni sul finire della sua introduzione: «proprio come un'ombra, un'impressione di vanità ricopre ogni istante della tragedia: vana è stata la guerra di Troia e vane sono state tutte le sofferenze, patite per un εἴδωλον».

1 Commento
LUCIANO LEONE
Inserito il  20/10/2021 21:35 Elegante riflessione riguardo alla Elena di Euripide. Sarebbe interessante conoscere se vi sia un contesto politico per questa strana tragedia, così come avvenne per molte altre.
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